Come faremo a convincere i nostri bambini a camminare per
così tanti chilometri?
Credo che ogni genitore che abbia provato a camminare
con i propri figli piccoli sappia che la difficoltà che si incontra nel far
loro percorrere più di qualche centinaio di metri, prima che nella fatica e
nella stanchezza la si trovi nella noia. I miei bambini si annoiano a camminare
come credo si annoino la maggior parte degli altri figli; a pochi importa del
paesaggio, quasi a nessuno interessa la soddisfazione del tragitto percorso – o
almeno non interessa come motivazione per continuare a percorrerlo, magari alla
fine sì che sono soddisfatti – non proviamo nemmeno ad accennare alla promessa
di qualche beneficio per la forma fisica.
A loro tutte queste cose non interessano, si annoiano punto e basta.
A loro tutte queste cose non interessano, si annoiano punto e basta.
Per convincerli a muovere qualche passo bisogna trovare
motivazioni molto più forti e convincenti come la promessa di un parco giochi
all’arrivo (8 km l’ultima volta), oppure un bel gelato (4 km la volta
precedente) o qualche caramella ad ogni piccolo traguardo raggiunto per il
piacere del nostro dentista. Ma il metodo che non richiede né minacce né promesse
e che di sicuro è infallibile è DISTRARLI.
Ogni genitore sa come intrattenere i propri figli, conosce i
loro gusti e sa benissimo cosa piace loro. Che siano fiabe, canzoni,
osservazioni scientifiche o rievocazioni storiche vi assicuro che cammineranno
per ore senza nemmeno chiedere un goccio d’acqua. Elisabetta Orlandi ha fatto
percorrere al suo Joan gli 800 chilometri del Cammino Francese raccontando le
storie del gatto Beniamino Paladino di Orlando; la Mamma ed il Papà di 30.000
passi al giorno vanno di biografie degli autori classici della letteratura
italiana e mentre percorrono la via de la Plata le loro bimbe si appassionano a
Leopardi e Tasso. E io cosa faccio?
Provo di tutto, nel mio piccolo. L’altro giorno le avventure
del baldante giovane Bellosguardo che attraversando il Bosco Fatato trova la
misteriosa principessa Rosabella (i nomi sono copyrigth dei piccoli) hanno
fatto percorrere più di sette chilometri ai sei cugini (dai quattro ai nove
anni). La volta precedente, durante la passeggiata nel bosco ci siamo dati alla
raccolta di materiale utile per la costruzione della casa delle bambole con la
ferrea regola che valeva solo quanto reperito sul sentiero, altrimenti addio
meta finale! Ogni tanto cerchiamo di individuare gnomi e fate del bosco o ci
diamo alle canzoni corali. Ma devo dire che le favole inventate sono quelle che
producono i risultati migliori, il problema che intrattenerli per chilometri e
chilometri a suon di favole significa che la mamma deve parlare per chilometri
e chilometri. Non che mi dispiaccia parlare per ore, ma i piacerebbe anche
conversare con qualche adulto ed ogni tanto respirare. Per ora siamo arrivati
all’accordo che durante le salite più impegnative interviene la pubblicità,
sono loro a farla – “sconti sui divani e i sofà del 200% correte a comprare l’ultimo!”
– mentre io respiro.
Ma la tecnica più efficace in assoluto, che ha superato la
prova del viaggio in auto Verona-Vienna (anche in macchina si annoiano e no, non mi va di intrattenerli con la tecnologia) di più di otto ore e che viene attivata
solo in casi di estrema crisi è quella della impegnativissima Storia a turno.
La mamma comincia una storia, poi si ferma e uno dei bambini
la continua e si va avanti così a turno finché … già finché? È proprio questo
il problema questo genere di storie rischiano di non avere mai termine, la
giovane fanciulla diventa un’astronauta mentre il suo piccolo che riposa nella
culla curato a vista da due ghepardi sviluppa all’improvviso dei super poteri
che lo trasformano in un uomo lupo ferocissimo pronto a tutto pur di difendere
la propria madre tramutata da astronauta in un fiore bianco fragilissimo. E la
storia continua.
Ultreya!
Ultreya!
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