lunedì 28 luglio 2014

Far camminare i bambini

Come faremo a convincere i nostri bambini a camminare per così tanti chilometri? 
Credo che ogni genitore che abbia provato a camminare con i propri figli piccoli sappia che la difficoltà che si incontra nel far loro percorrere più di qualche centinaio di metri, prima che nella fatica e nella stanchezza la si trovi nella noia. I miei bambini si annoiano a camminare come credo si annoino la maggior parte degli altri figli; a pochi importa del paesaggio, quasi a nessuno interessa la soddisfazione del tragitto percorso – o almeno non interessa come motivazione per continuare a percorrerlo, magari alla fine sì che sono soddisfatti – non proviamo nemmeno ad accennare alla promessa di qualche beneficio per la forma fisica.

A loro tutte queste cose non interessano, si annoiano punto e basta.
Per convincerli a muovere qualche passo bisogna trovare motivazioni molto più forti e convincenti come la promessa di un parco giochi all’arrivo (8 km l’ultima volta), oppure un bel gelato (4 km la volta precedente) o qualche caramella ad ogni piccolo traguardo raggiunto per il piacere del nostro dentista. Ma il metodo che non richiede né minacce né promesse e che di sicuro è infallibile è DISTRARLI.
Ogni genitore sa come intrattenere i propri figli, conosce i loro gusti e sa benissimo cosa piace loro. Che siano fiabe, canzoni, osservazioni scientifiche o rievocazioni storiche vi assicuro che cammineranno per ore senza nemmeno chiedere un goccio d’acqua. Elisabetta Orlandi ha fatto percorrere al suo Joan gli 800 chilometri del Cammino Francese raccontando le storie del gatto Beniamino Paladino di Orlando; la Mamma ed il Papà di 30.000 passi al giorno vanno di biografie degli autori classici della letteratura italiana e mentre percorrono la via de la Plata le loro bimbe si appassionano a Leopardi e Tasso. E io cosa faccio?
Provo di tutto, nel mio piccolo. L’altro giorno le avventure del baldante giovane Bellosguardo che attraversando il Bosco Fatato trova la misteriosa principessa Rosabella (i nomi sono copyrigth dei piccoli) hanno fatto percorrere più di sette chilometri ai sei cugini (dai quattro ai nove anni). La volta precedente, durante la passeggiata nel bosco ci siamo dati alla raccolta di materiale utile per la costruzione della casa delle bambole con la ferrea regola che valeva solo quanto reperito sul sentiero, altrimenti addio meta finale! Ogni tanto cerchiamo di individuare gnomi e fate del bosco o ci diamo alle canzoni corali. Ma devo dire che le favole inventate sono quelle che producono i risultati migliori, il problema che intrattenerli per chilometri e chilometri a suon di favole significa che la mamma deve parlare per chilometri e chilometri. Non che mi dispiaccia parlare per ore, ma i piacerebbe anche conversare con qualche adulto ed ogni tanto respirare. Per ora siamo arrivati all’accordo che durante le salite più impegnative interviene la pubblicità, sono loro a farla – “sconti sui divani e i sofà del 200% correte a comprare l’ultimo!” – mentre io respiro.
Ma la tecnica più efficace in assoluto, che ha superato la prova del viaggio in auto Verona-Vienna (anche in macchina si annoiano e no, non mi va di intrattenerli con la tecnologia) di più di otto ore e che viene attivata solo in casi di estrema crisi è quella della impegnativissima Storia a turno.

La mamma comincia una storia, poi si ferma e uno dei bambini la continua e si va avanti così a turno finché … già finché? È proprio questo il problema questo genere di storie rischiano di non avere mai termine, la giovane fanciulla diventa un’astronauta mentre il suo piccolo che riposa nella culla curato a vista da due ghepardi sviluppa all’improvviso dei super poteri che lo trasformano in un uomo lupo ferocissimo pronto a tutto pur di difendere la propria madre tramutata da astronauta in un fiore bianco fragilissimo. E la storia continua. 
Ultreya!

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